La nostalgia: il dolore aiuta a crescere

di Giuditta Formentini

“Andare alla ricerca delle emozioni perdute, e la nostalgia ne è emblematica testimonianza, è compito di chiunque voglia conoscere le sconfinate aree dell’interiorità e delle emozioni che ne fanno parte”.

Con questa frase, Eugenio Borgia, psichiatra e docente, pone l’accento sull’importanza di una profonda riflessione sul valore positivo della memoria, in quanto mezzo per meditare su noi stessi ed esplorare la nostra interiorità. La nostalgia, pertanto, diviene lo strumento conoscitivo di chi siamo, grazie al quale riusciremo a ricomporre i tasselli della nostra vita. Concordemente con il pensiero dello psichiatra, essa ha un valore estremamente prezioso: la si prova per un momento vissuto con felicità. Così, essa diventa il segnale di un ricordo gioioso e del quale si sente la mancanza. Poiché esso vive dentro di noi e diventa una parte della nostra anima, la nostalgia agisce come un motore: essa è, difatti, il desiderio di qualcosa che è stato e ora non c’è più o di qualcosa che non è mai accaduto, ma si spera avvenga. La parola desiderio, dal latino, significa “senza stelle”: è un bisogno che si prova nei confronti di qualcosa che manca. Come un motore interiore, mette in azione la nostra interiorità e la nostra ricerca introspettiva per raggiungere le “stelle”.

Alle volte, esse possono sembrarci un caldo abbraccio, un momento di consolazione in una vita frenetica e difficile. Come un paradiso perduto, tramite la nostalgia si può vivere un attimo di felicità in un mare tempestoso, permettendoci di non crollare e, se ciò accade, spingendoci a fare meglio e a rialzarci.

Per riprendere un autore, Francesco Petrarca, che, a lungo, ha sondato il proprio animo alla ricerca di risposte su di sé e sulla decadenza del mondo contemporaneo a lui, propongo l’analisi del sonetto Erano i capei d’oro a l’aura sparsi. Poesia sul sentimento amoroso, è un inno alla nostalgia di un amore che non c’è più: Laura. L’autore, ferito dalla perdita della donna, riparte dai propri errori passati e dalle esperienze dolorose, ricostruendosi da capo, pezzo per pezzo, per diventare un uomo nuovo e migliore. Allo stesso modo dobbiamo fare noi: dobbiamo vivere le esperienze passate, positive o negative che siano, per cambiare noi stessi e crescere.
Non siamo “automi”: le nostre emozioni, le nostre paure, esistono per un motivo, ossia per essere ascoltate e comprese. Di questa idea, non era però Lucrezio, autore latino del I sec. a.C., il quale argomenta, nel De Rerum Natura, quanto sia importante non lasciarsi sopraffare dalle passioni perturbatrici e dai sentimenti dolorosi. Tra questi è inclusa la nostalgia, che, carica di una forte intensità emotiva, la quale si esprime nella malinconia e nel triste dolore, devia e perverte l’animo.
Ammettendo che essa provochi anche turbamento, tuttavia, affermo – in quanto ritrovo questa visione poco aperta alla conoscenza dell’interiorità – che la nostalgia non sia da allontanare, ma da cogliere nel suo insieme: quest’ottica si esprime nel saper crescere partendo dall’esperienza del dolore, rielaborabile grazie all’intelligenza emotiva. Essa ci permette di dare un nome alle nostre emozioni e di gestirle, consentendoci di saperci relazionare in un modo equilibrato e sano. Infine, riconosco che uno sguardo introspettivo sia fondamentale per affrontare non solo gli ostacoli della vita, ma anche noi stessi, le nostre paure, le nostre tristezze e le nostre debolezze. E, per fare ciò, ritengo sia indispensabile il mezzo della nostalgia, la quale è l’unica che saprebbe dirci veramente quando sia il momento di cambiare, di comportarci meglio e di essere finalmente felici.


Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
che ‘n mille dolci nodi gli avolgea,
a ‘l vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi ch’or ne son sì scarsi;
e ‘l viso di pietosi color farsi,
non so se vero o falso, mi parea:
i’ che l’esca amorosa al petto avea,
qual meraviglia se di subito arsi?
Non era l’andar suo cosa mortale,
ma d’angelica forma, e le parole
sonavan altro che pur voce umana;
uno spirito celeste, un vivo sole
fu quel ch’i’ vidi, e se non fosse or tale,
piaga per allentar d’arco non sana.

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